Il counselor come artigiano dell’ascolto #1
Quando a un counselor viene chiesto “che lavoro fai?”, di solito c’è un momento di silenzio imbarazzato. Qualche anno fa, incontrando per caso una ragazza che lavorava nell’ambito della relazione d’aiuto e del counseling, mi ricordo uno sguardo carico di identificazione e una domanda davvero emblematica: “Ma tu sei riuscito a far capire ai tuoi amici e ai tuoi parenti in cosa consiste il tuo lavoro?”
Insomma, il counselor rimane una specie di oggetto misterioso, qualcuno che fa un lavoro che per definizione è difficile da spiegare. Vorrei provare a ragionare proprio su questo aspetto, nel tentativo di dire esattamente cos’è un counselor, quali sono le sue competenze, quale può essere il valore aggiunto che un approccio basato sul counseling può dare ai suoi clienti (individui o gruppi, organizzazioni o team sportivi).
Il primo elemento che vorrei sottolineare è questo: il counselor usa vari strumenti e varie tecniche, ma, se si dovesse ridurre all’osso tutta la faccenda, usa soprattutto l’ascolto. Un lavoro basato sull’ascolto può sembrare qualcosa di strano. Soprattutto, sembra qualcosa di molto semplice. “Che ci vuole, per ascoltare le persone, basta rimanere lì, fermi e zitti, lasciare che gli altri dicano quello che hanno da dire, ed è finita lì!”
Il fatto è che l’ascolto rappresenta una potenzialità che tutti possiamo far emergere, ma perché questo accada occorrono caratteristiche particolari in termini di contesto. Il counselor fa proprio questo: predispone spazi protetti all’interno dei quali la possibilità di realizzare un momento di ascolto empatico prende corpo in una situazione reale. Da qui deriva l’importanza di quella che nell’ambito del Process Counseling viene chiamata Analisi del contesto. Saper leggere le componenti che determinano un contesto di colloquio (ma non solo) rappresenta la mossa preliminare per poi impostare in modo corretto una sessione di lavoro con un cliente.
Dire che la consapevolezza del contesto è importante, e che nessuno degli elementi che lo compongono (lo spazio, il tempo, il ruolo, il compito) deve essere trascurato, sembra una cosa quasi scontata. Ma se pensiamo a quante volte nella nostra giornata ci troviamo a vivere e operare in ambiti caratterizzati da un’assoluta mancanza di attenzione rispetto al contesto, ci rendiamo conto che curare questo elemento preliminare diventa parte integrante di un approccio che cerca di mettere al centro la persona e la qualità della relazione.
Allora, affermare che il counselor, tra l’altro, fa un lavoro che consiste nell’ascoltare, vuol dire già qualcosa di più.
Un counselor è un professionista che è in grado di creare e preservare spazi di incontro caratterizzati da una forte consapevolezza in termini di contesto, cioè di spazio, tempo, ruolo e compito. Il suo lavoro è l’ascolto, ma anche la cura di tutti gli elementi che rendono
possibile ascoltare una persona e instaurare una relazione di tipo ecologico. Come gli architetti e gli urbanisti creano spazi che possiamo abitare durante la nostra giornata – spazi nei quali cucinare, dormire, rilassarci, lavorare, studiare, giocare, ecc. – il counselor, lavorando sugli elementi del contesto, riesce a creare degli spazi (che sono fatti non solo di spazio fisico, ma anche di tempo, ruolo, ecc.) all’interno dei quali è possibile fare una delle cose più naturali e difficili al mondo: entrare in ascolto dell’altro.